Eseguire al meglio una performance è un obiettivo che molti di noi si pongono: possiamo voler aumentare le nostre prestazioni sportive, oppure quelle artistiche se siamo musicisti o attori; possiamo voler incrementare anche le nostre capacità di gestione dello stress e delle emozioni se facciamo un lavoro che implica dinamiche e vissuti stressanti (personale ospedaliero, insegnanti, venditori, ecc…).
E’ possibile migliorare nel parlare in pubblico, nella nostra motivazione o nella comunicazione.
L’intervento dello psicologo-coach di solito si occupa di
1)analizzare le caratteristiche peculiari della persona, del contesto e delle richieste
2)proporre prospettive che rendano più funzionale l’approccio delle persona al contesto
3)proporre strategie e tecniche per rendere più efficace la prestazione
Questo tipo di lavoro può essere fatto grazie all’evoluzione delle scienze psicologiche, che nello studio della relazione fra corpo e mente (che qui vi presento come separate solo per esigenze linguistiche, in realtà sono così interdipendenti da essere la stessa cosa), stanno scoprendo aspetti molto interessanti che possono essere utilizzati per conoscere meglio l’agire umano, eliminare alcune tentate soluzioni e riuscire meglio nelle cose che vogliamo fare bene.
Accenno ad alcuni temi molto importanti:
#1 concentrazione o esperienza di flusso? “Concentrati!” quante volte lo abbiamo detto e pensato? Quante volte abbiamo pensato di non riuscire in una attività che richiede un’esecuzione di alto livello (un gesto atletico, una relazione ad una conferenza, la presentazione a un colloquio o a una riunione di lavoro, ecc…) perchè non eravamo concentrati?
Ma cosa intendiamo per concentrazione? Possiamo intenderla come:
a)un attività prettamente mentale, un pensare più convintamente e profondamente a quello che stiamo facendo
b)uno stato di coinvolgimento in un’esperienza di flusso, che ci mette in una condizione di attenzione selettiva ed evita di farci distrarre da stimoli esterni
La seconda versione è quella più funzionale ed adeguata per la buona esecuzione di una performance. Nel primo caso andremo incontro invece ad una serie di tentate soluzioni disfunzionali che poterebbero a risultati negativi: rigidità, mancanza di fluidità e naturalezza, insomma: ci impappineremo sicuramente.
#2 iper-controllato o spontaneo? Intendere la “concentrazione” come un “pensare più forte” ci porterebbe senza dubbio alla tentata soluzione disfunzionale più diffusa nell’ambito della performance, che è l‘iper-controllo. La tendenza cioè a controllare in modo esagerato e continuo ogni particolare relativo al nostro fisico, la nostra postura, il nostro eloquio, ecc…
Per riuscire bene in una performance non possiamo essere concentrati nel controllo di noi stessi, perchè sprecheremo energia, riducendo la fluidità dell’esecuzione. Se ci pensiamo le azioni spontanee e naturali (pensiamo al pianto, alla risata o all’eccitamento sessuale) sono anche le più sentite: non le pensiamo, ci vengono naturali, le facciamo… punto.
#3 apprendere o acquisire? Quello che succede quando apprendiamo qualcosa non è solamente legato alla comprensione verbale (capiamo linguisticamente quello che ci dicono) o al fatto che riusciamo a imitare-riprodurre dei movimenti (pensiamo ai musicisti o agli sportivi) pagando un prezzo altissimo a livello di dispendio psicofisico (essendo iper-concentrati e iper-controllanti).
Abbiamo appreso veramente qualcosa quando ci viene naturale e spontaneo, e quindi fondamentalmente in modo non controllato. Questo perchè la nostra struttura psicofisica deve aver il tempo di assimilare quel complesso insieme di processi esecutivi che con l’allenamento arrivano ad automatizzarzi ed essere quindi involontari.
Per rendere la cosa più chiara vi faccio alcuni esempi che tutti, o quasi, abbiamo vissuto di persona:
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imparare a leggere
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imparare a scrivere
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imparare a suonare uno strumento musicale
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imparare a guidare
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imparare una nuova lingua
Per apprendere questi complessi sistemi di azioni, inizialmente pensavamo e controllavamo quello che stavamo facendo (pensiamo soprattutto all’imparare a guidare, momento che forse ci è più facile ricordare). Non essendo abituati, la nostra inesperienza ci portava a concentrare tutta l’energia sul controllo volontario di movimenti, gesti, ecc…
Frizione… cambio marcia… freccia… specchietto retrovisore… frena… accellera… cambio marcia… ecc…
Dovevamo pensare ad ogni singola azione. Poi, guidando, senza che ci rendessimo conto in modo consapevole, abbiamo acquisito e assimilato: adesso possiamo guidare parlando, pensando ai fatti nostri, o utilizzando i nostri smartphone, perchè tutti i processi esecutivi relativi alla guida si sono automatizzati diventando spontanei. Ci avanza energia e tempo per fare anche altre cose.
Un buon psicologo-coach è in grado di condurre la persona che vuole migliorare la propria performance a conoscere le proprie peculiarità, ad eliminare le eventuali tentate soluzioni disfunzionali che mette in campo e a acquisire/assimliare nuove modalità di approccio e di conduzione.
Per imparare ad imparare, in tutti i contesti che incontriamo.
DR Daniele Boscaro