Quando i nostri amici o partner sono tristi stiamo male, vorremmo consolarli, dire o fare qualcosa che li faccia stare meglio. Il più delle volte in queste situazioni si fa peggio.
Il rischio di fare peggio è molto alto perchè nel tentativo di consolare qualcuno parlando di quello che lo turba e lo fa soffrire, è molto probabile ingrandire e amplificare la sua sofferenza.
Su questo ci sono 2 miti da sfatare:
1- NON siete tutti un po’ psicologi. Lo è chi ha una laurea in psicologia, e pensate che neanche quella basta.
2- “Sfogarsi” e parlare di quello che fa stare male a volte funziona, a volte no. La vita non è Dawson Creek, e vostro padre non è il reverendo Camden: a volte “parlarne un po’” affossa la persona sofferente sempre più dentro a quello che sembra il pozzo senza uscita della sua situazione.
Parto dall’assunto che nella vita è impossibile non avere dei momenti di tristezza, e non esistono bacchette magiche. Se questi momenti diventano ingestibili o la tristezza diventa “cronica” (chiamiamola depressione se vogliamo) la psicoterapia può essere una valida soluzione.
Qui non stiamo parlando di depressione, ma di momenti in cui i nostri cari stanno male e si vorrebbe perlomeno non peggiorare le cose: vi propongo 5 frasi DA NON DIRE a chi sta soffrendo, con le rispettive 5 frasi DA DIRE, per provare a sollevarlo e creare dei piccoli diversivi.
#1 NON DIRE: “allora, come stai?” E come vuoi che stia? Questo è l’errore fondamentale, la prima cosa che insegnano di evitare ad uno psicologo. Certe formule di convenienza sociale sono appunto formule di convenienza: a volte non conviene usarle.
PROVA A DIRE: qualsiasi altra cosa… basta che non ci sia un riferimento al suo stato attuale. Chi sta male va distratto, chiedergli come sta mette a posto la nostra coscienza e non la sua condizione. Poi ci arriverete, perchè siete amici e parlate di voi, ma cerchiamo di curare l’esordio che chi ben comincia…
#2 NON DIRE: “ma dai che in fondo è una stupidaggine!” il più delle volte è la verità, ma agli psicologi insegnano anche che le cose sono soggettive, e se vogliamo rispettare il dolore di una persona dobbiamo accettarlo.
PROVA A DIRE: “se non fosse tosta non saresti messo così”, in questo modo tentiamo di riconoscere l’emozione che prova, mandando anche il messaggio che è normale soffrire in questi casi.
#3 NON DIRE: “ma che ti frega, considerati fortunato che hai (un lavoro/una donna/un uomo/una casa/il cofanetto di breaking bad/ecc…)” Far sentire in colpa le persone per quello che hanno non è un buon modo per allietarle. Se aggiungiamo anche che oltre a soffrire per un motivo, adesso gliene avete dato un altro (godere parassitariamente di privilegi immeritati) abbiamo fatto en plein.
PROVA A DIRE: “le sfighe vanno sempre a chi non se le merita”, riconosciamo la sua situazione e indirettamente (gli impliciti funzionano molto di più delle dichiarazioni dirette) gli facciamo un complimento, che non guasta mai.
#4 NON DIRE: “dai dai, tirati su! Non puoi stare messo così all’infinito!” Quanti giudizi impliciti dentro a questa frase? Come se poi non sapesse che in questo momento è “giù” e la soluzione è tirarsi “su”. Ribadirglielo, fosse anche per 100 volte, non cambierà niente, anzi, continuerà a sentirsi quello triste che non riesce a uscire dal loop.
PROVA A DIRE: “saresti strano se non fossi triste, ogni tanto!” accettiamo e riconosciamo anche qui la sua condizione attuale, e gli diamo anche una ristrutturazione indiretta della situazione temporale: ogni tanto sei così, non sempre!
#5 NON DIRE: “Dovresti fare qualcosa! Uscire! Coltivare i tuoi interessi!” e inquinare meno, dato che ci siamo! E’ ovvio che chi sta bene fa delle cose, esce e coltiva i suoi interessi, ma lui in questo momento non riesce, perchè sta male! Proporre soluzioni banalmente giuste ma ingenuamente fuori tema perchè al momento irragiungibili farà sentire la persona ancora più frustrata: so quello che devo fare, me lo dicono tutti, e io non riesco…
PROVA A DIRE: “fai quello che ti senti” in questo modo non creiamo aspettative, non diamo soluzioni inattuabili, togliendo un po’ l’ansia da “devo fare..”; di solito con la serenità e la scioltezza si riattiva anche un minimo di iniziativa.
Non sono formule magiche, ma spunti per provare a innescare negli altri piccoli miglioramenti durante le conversazioni che abbiamo.
Chiudo con il bonus, in questi casi è forse la cosa migliore da fare con un amico:
#+ Non “dire”, ma prova a tacere e semplicemente “restare”: a volte il silenzio è d’oro, e può bastare.
DR Daniele Boscaro