Genitore amico?

o-una-mamma-per-amica-facebookE’ possibile essere “amici” dei propri figli? In cosa l'”amicizia” potrebbe aiutare un genitore? Sono cambiati i tempi e adesso è necessario impostare la relazione “alla pari”?

Sono tutte domande che un genitore si fa, tutti i giorni, soprattutto quando i propri figli cominciano a diventare “grandi” (10-11 anni).

Sono domande legittime, che fanno emergere la complessità del ruolo genitoriale: il genitore è infatti una persona che incarna una molteplicità di ruoli e funzioni, che evolvono durante la crescita di figlie e figli.

Un genitore cura, protegge, accompagna, educa, motiva, sostiene. E alla fine dovrebbe lasciare andare.

Essere amici dei propri figli non vuol dire solo “volergli bene”, “non comandarlo”, “fidarsi di lui”, “parlare di tutto”, “raccontargli tutto”… questi atteggiamenti implicano soprattutto delle conseguenze sulla relazione fra genitore e figlio.

L’immagine che una ragazzina o un ragazzino di 11-12-13 ha sui propri genitori è molto importante, e se un genitore racconta tutto o quasi tutto, o si espone in modo del tutto trasparente su alcune questioni, l‘immagine cambia.

E’ normale che nel corso del tempo l’immagine cambi, ma dipende da come la si cambia e quando. Condividere con i propri figli le proprie debolezze, o gli errori che un adulto può fare, può essere un modo importante per responsabilizzarli, ma dipende dall’età, dalla situazione specifica, e da come si comunica con loro.

Quali effetti potrebbe avere sulle diverse funzioni genitoriali essere “amici” dei propri figli? E’ un modo di impostare la relazione che può risultare efficace, se vogliamo mantenere nei figli una rappresentazione genitoriale appropriata, se vogliamo perseguire obiettivi educativi, contribuire alla crescita e alla responsabilizzazione di un ragazzino o di una ragazzina?

Il ruolo di amico influisce al livello della comunicazione, e quindi della relazione fra un genitore e un figlio, vediamo come:

#1 perdita di autorevolezza: gli amici sono “alla pari”, vivono una relazione simmetrica, essendo appunto sullo stesso piano. La rinuncia all’assimmetria nella relazione fra genitore e figli può funzionare – in alcune situazioni è addirittura indicato – basta essere consapevoli che non è più con l’autorità e il comando che si gestisce la relazione. Se si sceglie di “abbassarsi” alla pari e di interagire “da amici”, non potremo più “chiudere il discorso” o imporre qualcosa senza condizioni, dato che il nostro ruolo ha perso quell’autorevolezza che permette a un genitore di imporsi.

#2 racconti difficili da gestire: “raccontarsi tutto” non è un modo funzionale di impostare la relazione genitori-figli. Ci vogliono dei confini. Stabilire un limite rispetto alle cose che si possono raccontare a un figlio, e rispetto alle cose che un figlio può (o dovrebbe, secondo i genitori “amici”) raccontare al genitore, funziona di più perchè preserva i ruoli all’interno della famiglia. Soprattutto, permette il processo di “separazione-individuazione” implicato dalla crescita e dalla maturazione psicologica, relazionale e sessuale dei figli, che avverrà fuori dal contesto familiare.

#3 per crescere serve autodeterminazione: la relazione genitori-figli cambia durante la crescita, perchè si deve adattare alle diverse richieste dei figli, che cambiano in base all’età. Da infanti e bambini hanno bisogno di un genitore attento ai bisogni primari (nutrimento, igiene, ecc…) e questo implica una relazione molto stretta. Crescendo, i bisogni primari non sono più prioritari, ma ne iniziano altri: imparare a leggere e interpretare alcune situazioni, socializzare e curare le relazioni, portare avanti delle attività (scolastiche, sportive, ecc…) in modo da trarne soddisfazione, e molto altro. Per imparare a muoversi nel mondo, i figli non hanno bisogno di un adulto che spieghi loro cosa fare. Hanno bisogno di un adulto che dia sicurezza, ma che permetta loro di sperimentarsi e sbagliare.

Non hanno bisogno di un adulto che dia tutte le risposte, ma che li aiuti a farsi le domande giuste. Hanno bisogno di autodeterminarsi, provando ad affrontare i piccoli problemi di tutti i giorni con le loro idee e le loro forze, per imparare piano piano a gestire la complessità e le emozioni che essa implica.

Da queste 3 questioni è possibile capire che la relazione di amicizia non basta al genitore, perchè il genitore è “di più” di un amico. E’ un tipo di relazione molto diversa, con finalità più ampie, e con responsabilità più grandi.

Parafrasando quello dei diamanti, potremo dire che mentre gli amici vanno e vengono, un genitore è per sempre.

Daniele Boscaro

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