Gli addetti ai lavori sono ormai concordi nel sostenere che le classi scolastiche siano ormai cambiate. Per essere coerenti e adattarsi a questi cambiamenti, gli insegnanti si stanno rendendo conto che devono cambiare anche il loro modo di insegnare.
Le criticità che emergono da chi cerca tutti i giorni di gestire le classi (delle scuole elementari, medie e superiori) riguardano soprattutto la difficoltà di mantenere l’attenzione degli studenti durante la lezione. I bambini e i ragazzi di oggi sono studenti diversi da quelli delle generazioni che li hanno preceduti: per ragioni sociali e culturali (nuove tecnologie iper-stimolanti, diversi stili genitoriali e diversi modi di percepire i ruoli, le gerarchie e l’autorità in alcuni contesti) non è più possibile gestire la loro attenzione come si faceva nei decenni precedenti.
Stimolare e coinvolgere una classe non può più essere un obiettivo raggiungibile attraverso le stesse strategie: la lezione frontale, quella in cui l’insegnante seduto su una cattedra cerca di spiegare con le parole e la lavagna i contenuti da passare agli allievi, va integrata con altre strategie, più adatte e funzionali al nuovo contesto classe.
Vediamo quali potrebbero essere dei primi accorgimenti per applicare questa integrazione:
#1 il movimento: la cattedra non può più essere considerata la casa dell’insegnante, ma piuttosto un porto di passaggio. Deve appoggiarci la borsa, il registro, i libri, ma per il resto, la lezione deve essere fatta per larga parte in piedi. Il posizionamento dei banchi deve permettere a maestre/i e prof. di occupare lo spazio della classe mentre spiegano.
Un oggetto che si muove è più stimolante di uno che sta fermo; oltre tutto, in questo modo l’insegnante può spostarsi verso gli studenti che in quel momento si stanno distraendo, richiamando la loro attenzione in modo indiretto (avvicinandosi) piuttosto che diretto, ossia richiamandoli a voce (“state attenti lì in fondooo…”), ed evitando in questo modo di confermare ed amplificare alcune dinamiche di disturbo e distrazione.
#2 la voce: un insegnante esprime il suo lavoro con le parole e la voce. Può essere il pensatore, il motivatore e il conoscitore più brillante e sensibile della sua materia, ma se non gestisce bene il modo in cui si esprime, siamo punto e a capo.
Se ascoltate un prete dire Messa, è possibile notare come il suo tono, la sua enfasi, il pathos che ci mette cambino drasticamente fra le ritualizzazioni liturgiche (meccaniche, fredde, quasi mono-tone, per comunicare appunto la fissità, la ripetizione e la sacralità dei riti che sta effettuando) e il momento dell’omelia-predica, in cui i toni aumentano, la temperatura della voce si scalda, accenti e sfumature vengono marcati e alcuni passaggi potenziati da pause o parole scandite in modo diverso.
Sono ovviamente trucchi usati da sempre in retorica per aumentare la persuasività del messaggio e l’attenzione dell’uditorio, e pensate che vengono usati con persone adulte, in un contesto già strutturato di per sè (una chiesa durante la Santa Messa).
È quindi molto strano incontrare nel mio lavoro insegnanti che pretendono di essere persuasivi e di suscitare attenzione e curiosità senza curare questi aspetti, ritenendoli marginali e non significativi, soprattutto se pensiamo che il loro ruolo è suscitare attenzione non in persone adulte, bensì in bambini e ragazzi (diciamo con un attenzione un po’ più discontinua) e non in un contesto strutturato e sacralizzato come quello di una chiesa, ma nelle classi di oggi.
Il tono, le pause, le sfumature, la ricchezza sonora ed espressiva che si può imparare ad usare per rendere più attraente e ficcante una lezione sono aspetti fondamentali. È possibile farlo anche con una lezione di geometria, se c’è chi ci è riuscito con gli ingredienti dei frollini.
#3 il non verbale: oltre al movimento inteso come lo spostarsi dell’insegnante nello spazio-classe, ci sono aspetti importantissimi da gestire anche in tutto il canale comunicativo “non-verbale”: la gestualità, i movimenti del corpo e soprattutto il contatto oculare possono esser strumenti importantissimi per potenziare la forza suggestiva di una comunicazione e renderla più attrattiva. Soprattutto con i più giovani, guardare negli occhi e avere una gestualità ricca e movimentata può permettere di raggiungere un grado di stimolazione visiva e cognitiva più efficace per generare coinvolgimento nella lezione.
#4 storie, esempi, metafore: inutile ripetere quanto le storie siano suggestive e attraenti per bambini e ragazzi. E’ inoltre facile notare come metafore, similitudini e storie siano usate in modo massiccio nella comunicazione più studiata e monetarizzata della nostra epoca: le pubblicità.
Come ho detto rispetto all’uso della voce, anche in questo caso aspetti come l’utilizzo di immagini, metafore, esempi (anche e soprattutto di attualità se parliamo di scuole medie e superiori) non sono dettagli insignificanti. Non sono spezie che anche se non le metti il piatto viene bene lo stesso. Sono la farcitura essenziale.
Continuo a dire che è molto strano vedere insegnanti volenterosi e competenti che però tralasciano questi dettagli, e provano a farsi ascoltare utilizzando una comunicazione verbale fredda, meccanica e nozionistica, da libro stampato. E’ il modo più efficace per fare annoiare, e quindi distrarre, bambini e ragazzi, che per caratteristiche cognitive ed emotive sono più di tutti legati a una comunicazione per immagini-metafore e narrazioni, data la vivida concretezza con cui queste riescono ad esprimere contenuti.
Insegnare non è solo travasare contenuti nel cervello degli studenti, soprattutto quando parliamo di bambini e pre-adolescenti. Insegnare è anche e soprattutto coinvolgere e affascinare gli allievi, agganciarli, ispirarli, stimolarli.
Senza questi effetti, è molto difficile che sperimentino coinvolgimento e attenzione. Se invece gli insegnanti riuscissero ad ampliare le loro competenze in questo settore avrebbero più risorse per generare attenzione, e per vivere con molta più soddisfazione e gratificazione un lavoro faticoso quanto bellissimo.
DR Daniele Boscaro
Concordo. In molti punti c’è assoluta sintonia con la mia visione del parlare in pubblico che trovi qui http://www.elenaferro.it/parlare-in-pubblico/. Sono convinta che un nuovo modo di comunicare sia assolutamente necessario anche nella scuola… Ma siamo in ritardo
Ci sarebbero molte cose da cambiare, quello che mi preme è far sentire gli insegnanti non come bisognosi di supporto e formazione perchè inadeguati, ma semplicemente perchè immersi in un contesto iper-complesso e in continuo cambiamento: la Scuola.
Mi convince. Complesso e in evoluzione tanto quanto lo sono i ragazzi 😉