Pragmatica della comunicazione educativa

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Secondo molti autori (vedi bibliografia) i concetti di potere, disciplina, autorità, e quindi l’assetto normativo-valoriale relativo all'”educazione” si sta riorganizzando secondo i canoni della post-modernità. Questa riorganizzazione ha ovviamente delle conseguenze per i contesti istituzionali (scuole, famiglie, ecc…), che stanno affrontando cambiamenti molto importanti: non è più possibile gestire una famiglia o una classe come si faceva vent’anni fa.

Infatti, l’evoluzione della società sta avendo forti ricadute sulle rappresentazioni e narrazioni che le persone costruiscono per dare senso agli eventi, e quindi alla propria identità: per esempio, aderire a un ordine o a un comando genera una cornice narrativa che non è più accettata socialmente.

Molto più desiderabili sono invece gli scenari interattivi dove ci si ribella, dove ci si distingue dal gruppo, dove si “combatte” per i propri diritti, o altri canovacci “cinematografici” di questo genere.

pragmatica

Se i nostri obiettivi di intervento sono quelli del cambiamento in senso adattivo di alcune modalità di comportamento, sia nei ragazzi ma anche negli insegnanti, può essere utile ragionare sulle implicazioni psicologiche generate da alcuni pattern comunicativi.

Comunicazioni efficaci: punteggiature e modelli di interazione nei contesti educativi

La “realtà” psicologica può essere compresa attraverso i processi interattivi che la costruiscono. Questi processi possono essere ricondotti alle dinamiche conversative e relazionali messe in atto dalle persone, a livello inter o intrapersonale. I costrutti di punteggiatura comunicativa o di modelli di interazione simmetrici/complementari sviluppati dal gruppo di Palo Alto, oltre a quello di posizionamento, sono utili per ragionare su alcune linee guida metodologiche da seguire nel lavoro psicoeducativo con i minori.

– La punteggiatura si focalizza sulla sequenza temporale degli eventi, riguarda l’ordine con cui certe comunicazioni si sviluppano e le dinamiche che da quest’ordine possono scaturire, un esempio sono le “escalation” conflittuali, dove le comunicazioni degli interlocutori si amplificano a vicenda generando sequenze che finiscono in litigio.

– I modelli di interazione si concentrano nella descrizione di modalità comunicative: le simmetriche sono caratterizzate dal rispecchiamento delle modalità relazionali dell’interlocutore (ad esempio, se lui urla, rispecchio il suo comportamento e urlo anch’io), le complementari da comportamenti che completano le azioni dell’altro, in un gioco a incastri fra diverse posizioni (se il mio interlocutore urla, io sto zitto e calmo).

Se assumiamo una prospettiva relazionale e processuale, è possibile osservare il fenomeno delle “opposizioni/provocazioni” degli adolescenti non (solo) come conseguenza del loro sviluppo ormonale (determinismo psico-biologico) o della dinamica di separazione-individuazione (determinismo psico-antropologico) nei confronti dei genitori, ma (anche) come il risultato dei posizionamenti relazionali che molti adulti mantengono quando frequentano i contesti educativi.

Esempio: “mio figlio non vuole fare i compiti

Un atteggiamento oppositivo ha bisogno di qualcosa a cui opporsi; un ragazzino che si rifiuta di fare i compiti, può sicuramente farlo per evitare un’attività tutt’altro che piacevole, ma potrebbe farlo anche per opporsi a quella che percepisce come un’imposizione che lo mette con le spalle al muro. Se il nostro obiettivo è quello di sostenere una mamma nel momento dei compiti con il figlio cosiddetto “oppositivo”, uno dei passaggi metodologici più importanti è l’analisi del contesto comunicativo che circonda la situazione “facciamo i compiti” e l’emersione delle tentate soluzioni, ossia dei modi in cui l’adulto cerca di risolvere il problema ma che, invece di risolverlo, contribuiscono a mantenerlo.

In questo caso, ad esempio, i tentativi di mettere il bambino a fare i compiti, insistendo sempre sulle stesse modalità – ordini, prediche, spiegazioni – con tutta probabilità trasformerà i pomeriggi di questa famiglia in una guerra di logoramento, con associate emozioni negative, demotivazione, ansia, ecc…

In una situazione simile potrebbe essere utile:

  1. modificare alcune sequenze conversative della madre (punteggiatura)

  2. modificare alcuni elementi contestuali (tempi, luoghi)

  3. disinnescare posizionamenti simmetrici e schemi attributivi disfunzionali (giudizi, ordini, minacce)

Queste strategie, se condivise con i genitori e calibrate sulla particolare situazione, possono avere già dei piccoli risultati a livello comportamentale, da usare come primo sblocco del problema.

Ne colonnelli ne nonnine

Non si vuole qui promuovere uno stile psicoeducativo di tipo lassista: la critica che molti genitori portano è infatti “va sempre bene fin che gli lasciamo fare quello che vuole“. La funzione genitoriale infatti, necessità di passaggi normativi necessari per far acquisire ai figli modalità di comportamento e di lettura dei contesti di tipo adattivo, che difficilmente potrebbero acquisire in maniera spontanea. Alcune regole sono obbligatorie, sennò non saremmo educativi.

E’ comunque utile focalizzarsi sugli elementi processuali che lo psicologo/psicoterapeuta è in grado di modificare in modo diretto, portando una ristrutturazione funzionale del sistema interattivo che mantiene la situazione del disagio.

La stessa formula linguistica “fanno quello che vogliono..” – vero e proprio stilema genitoriale – genera un campo semantico e rappresentazionale dove temi quali il “controllo” o l'”autorità” divengono i soli elementi significativi. La situazione socio-culturale odierna dimostra però che tali temi, se pur in parte necessari, non sono assolutamente sufficienti per educare i figli, dato che l’eccessivo controllo e stile autoritario possono sfociare in modalità relazionali disfunzionali e iatrogene per il benessere familiare.

Niente di nuovo sotto il sole: modalità troppo rigide possono creare problemi e non funzionare, mentre se ci si allena ad essere flessibili e ad adattare le nostre azioni in base al contesto e agli obiettivi che vogliamo raggiungere, possiamo essere figure educative in grado di stimolare e responsabilizzare.

DR Daniele Boscaro

BIBLIOGRAFIA (oltre ai testi nei link, i seguenti riferimenti sono importanti per comprendere l’evoluzione culturale che si sta sviluppando all’interno del mondo dell’educazione)

Mariotti, Pettenò, (2014) Genitori In Pratica, Ed. Erickson

Masoni, M. V. (2008) Genitore Coach, BrunoEditore

Nardone, G., Giannotti, E., Rocchi, R. (2006) Modelli Di Famiglia, Conoscere E Risolvere I Problemi Tra Genitori E Figli, Editore TEA

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